La Farmacia Ricciuti ha scelto di utilizzare energie rinnovabili. Nel 2017 ciò ha prodotto un risparmio di oltre 16 tonnellate di anidride carbonica.
La cistite è un'infezione vescicale sostenuta, in massima parte, da Escherichia Coli. Anche altri batteri possono determinarla (vari ceppi di Stafilococchi, Proteus Mirabilis, Klebsiella, Pseudomonas A. ecc.).
Di solito si manifesta con dolore o senso di pesantezza nella zona immediatamente sopra il pube seguita da bruciore quando si urina e dall'aumento dello stimolo e dalla difficoltà a urinare. Quando il dolore s'irradia al fianco, va consultato immediatamente il medico perché l'infezione potrebbe essersi estesa dalla vescica ai reni. Spesso viene richiesta dal medico l'analisi dell'urina (si cerchi di raccogliere il getto intermedio perché il primo serve per "lavare" l'uretra), l'urino coltura e il relativo antibiogramma (anche se alcuni ceppi come le Clamidie non si riproducono nei normali terreni di coltura). Nel maschio è importante la diagnosi differenziale rispetto a una prostatite.
La pronta risposta anche a una sola somministrazione (ad alte dosi) di antibiotico o di sulfamidico, ha portato a banalizzare il problema e le recidive vengono considerate la normalità. Tralascio le cistiti della terza età perché sono spesso legate all'uso del catetere o a indagini mediche e di laboratorio.
Le donne sono colpite dalla cistite molto più dei maschi (il rapporto è circa quattro a 1) per varie ragioni: la lunghezza dell'uretra molto più corta (circa 6 cm contro 16) e l'immediato affaccio all'esterno del meato urinario, rendono più facile l'accesso dei coli fecali. Altri fattori che aumentano il rischio di questa patologia che, se mal curata, dà frequenti ricadute sono:
• Le mestruazioni che creano un generico calo delle difese immunitarie. Inoltre l'uso degli assorbenti (di tutti i tipi) e dei salva slip crea un terreno di coltura ideale per i batteri. Una lavanda dopo le mestruazioni potrebbe essere utile.
• La scarsa propensione al bere. Molte donne bevono poco e i fastidi della cistite le portano a bere ancora di meno per cercare di ridurre il numero di minzioni. Ciò peggiora la sintomatologia perché l'urina è "più carica" ed essendo di scarso volume non "lava" l'uretra.
• L'abbigliamento: l'uso di capi aderenti, di slip sintetici e, ancora di più, del"perizoma", favoriscono la migrazione dei coli fecali dalla regione anale al meato urinario. La notte sarebbe il caso di non portare indumenti intimi.
• Generici disturbi intestinali che causano processi flogistici a carico della pelvi e aumento della carica batterica delle feci.
• Igiene intima. Molto spesso si ricorre a detergenti intimi definiti "neutri" nella convinzione che siano più delicati, in realtà il PH della nostra pelle è naturalmente acido proprio per difenderci dalle proliferazioni batteriche. Esistono dei detergenti intimi arricchiti di principi naturali antibatterici (semi di pompelmo, tea tree oil, ecc.) che sono utili come preventivi.
• Difetti anatomici come alcune forme in cui l'uretra forma una specie di "sifone" in cui ristagna qualche goccia d'urina facilmente contaminabile dai batteri.
La terapia, tranne i casi in cui la visita urologica è, ovviamente, indispensabile, consiste soprattutto nella prevenzione. Dato che, come ho detto sopra, le recidive sono frequenti, si possono mettere in atto delle semplici strategie preventive.
1. Evitare consigli di persone non competenti. Spesso vengono consigliati o richiesti farmaci antinfiammatori nella convinzione che possano togliere "il dolore" o perché una bustina vale un'altra;
2. Bere molto, mai meno di 1,5 lt al giorno. So che questo, per molte donne, sarà un supplizio ma è assolutamente necessario;
3. Usare, almeno prima e durante le mestruazioni, "fermenti lattici" che aumentano le difese immunitarie, migliorano la situazione intestinale e diminuiscono la carica batterica delle feci;
4. Usare indumenti intimi comodi. Il vecchio slip di cotone bianco resta l'indumento migliore;
5. Curare l'igiene intima evitando di contaminare la zona vulvovaginale con coli fecali. Nelle bambine si nota spesso che, dopo essere andate in bagno, si puliscono "da sedute" usando la carta igienica dal dietro verso l'avanti rischiando l'infezione. Inoltre a scuola sovente non ci sono bagni riservati alle femminucce, nel caso di bambine che abbiano tendenza alla cistite, è il caso di usare il copri-water;
6. Al presentarsi dei sintomi agire subito, intervenire anche con un solo giorno di ritardo può provocare un enorme allungamento della durata della patologia. Nella prima fase i prodotti naturali (come per esempio il Vaccinum Vitis Idaea detto anche Mirtillo Rosso o Cranberry o l'Uva Ursina) hanno lo stesso valore degli antibiotici senza il rischio di creare ceppi resistenti. Nel caso di, possibili, fastidi gastrici si possono usare prodotti naturali come il Bioanacid;
7. Secondo alcuni autori è utile cercare di svuotare la vescica dopo un rapporto sessuale che è una situazione favorente la contaminazione batterica. È indispensabile l'uso del profilattico nel caso di rapporti occasionali o con partner a rischio.
In ogni caso chiedere il consiglio del Farmacista e, ove ricorra, del medico aiuterà a superare questa fastidiosa patologia in pochi giorni e, soprattutto a ridurne le recidive.
Dott. Franco Ricciuti
Insieme ai suoi Collaboratori,
ognuno dei quali ha dato un contributo prezioso
La Commissione Europea, dopo l’analogo parere dell’EMEA (l’Agenzia Europea del Farmaco), ha dato l’ok definitivo alla vendita senza ricetta dell’Ulipristal, il contraccettivo d’emergenza che può essere assunto fino a cinque giorni (120 ore) dopo il rapporto non protetto.
La classica “pillola del giorno dopo” è già senza obbligo di ricetta medica in molti paesi europei.
Il parere tecnico dell’EMEA è che il farmaco sia più sicuro ed efficace se assunto entro le 24 ore dal rapporto e immediatamente prima dell’ovulazione (il momento di massimo rischio di gravidanze indesiderate). I numeri sono importanti, il 44% delle gravidanze è indesiderato e il 30% delle donne in età fertile ha avuto almeno un rapporto non protetto nell’ultimo anno. In caso di gravidanza iniziata il farmaco non è abortivo e risulta innocuo sia per l’embrione sia per la madre.
Come in molti casi analoghi, in Italia, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) applica norme molto più restrittive del resto di Europa e cioè: ricetta medica non ripetibile per la “pillola del giorno dopo” e ricetta medica non ripetibile e test di gravidanza obbligatorio per la “pillola dei cinque giorni dopo”. Non c’è alcuna evidenza scientifica per tale normativa che scaturisce, quindi, da un atteggiamento tendente a scoraggiare l’uso dei contraccettivi d’emergenza.
La causa di tale atteggiamento è, evidentemente, di origine politica, infatti Medici e Farmacisti Cattolici si dichiarano “obiettori” sia sulla prescrizione sia sulla vendita di tali prodotti considerandoli abortivi. In realtà, tecnicamente, per parlare di aborto dovrebbe esserci un feto vitale mentre questi prodotti creano un ambiente sfavorevole all’annidamento dell’ovulo fecondato nella parete uterina.
In realtà, da laico, non intendo avventurarmi in virtuosismi etico/religiosi che, come al solito, lascerebbe ognuno abbarbicato ai propri principi “non negoziabili”. Personalmente faccio solo notare che Medici e Farmacisti devono adeguarsi alle Leggi dello Stato, soprattutto quando svolgono servizi d’emergenza (Pronto Soccorso o Servizio Notturno) in cui il paziente non ha possibilità di rivolgersi ad altri. In questo caso si potrebbe configurare l’omissione di soccorso.
Ma come dicevo il tema etico, pur stimolante, è fuorviante. Il vero problema, a mio avviso, è sanitario. È un dato sociale conosciuto che c’è un sempre più precoce inizio dell’attività sessuale (per le ragazze 13 anni per i ragazzi 18) legato anche a una preoccupante promiscuità. I giovani hanno, poi, il mito della propria invulnerabilità. Le ultime generazioni, infatti, hanno ricominciato ad avere, già in adolescenza, comportamenti pericolosi per la salute come fumo, alcool, droghe di vario genere (soprattutto le ragazze). Per venire, però, al tema che ci interessa, bisogna sottolineare che sono in aumento vertiginoso i rapporti non protetti (a causa anche di informazioni fuorvianti del Clero sull’uso dei profilattici). Non si usa il profilattico per avere un maggiore piacere, per ignoranza, perché “a me non può capitare nulla”. In realtà l’AIDS non è sconfitto e l’Epatite C e altre malattie (spesso pre-cancerose) a trasmissione sessuale sono in aumento. Il nuovo farmaco che promette di debellare l’Epatite C è talmente costoso che sarà limitato a pochissimi pazienti selezionati.
Ecco quindi il reale “pericolo” di un farmaco di per sé sicuro. I ragazzi non usano atteggiamenti protetti perché c’è, comunque, la possibilità di “cavarsela”. Sta alla famiglia, sempre più assente, educare i propri figli, già in tenera età su quelli che sono gli atteggiamenti più sicuri per la loro salute fisica e mentale. Assistiamo, infatti, sempre di più, alla delega delle famiglie ad altre strutture (Scuola, Stato) che vengono poi incolpate di eventuali fallimenti. I genitori diano ai loro figli un’adeguata “Educazione Sentimentale” che li porterà a una vita migliore e, perché no, a una sessualità più consapevole e gioiosa.
Dott. Franco Ricciuti
I bruschi cambiamenti di temperatura e di umidità cui siamo sottoposti nella stagione invernale, l'aumento dell'inquinamento atmosferico e la maggiore incidenza delle allergie, possono causare stati irritativi delle prime vie aeree che, diminuendo le difese immunitarie, possono anche svilupparsi nel senso di una infezione.
A seconda della gravità della patologia dovremo rivolgerci al medico o nei casi più semplici, quando i sintomi siano chiari e perfettamente riconoscibili, potremo scegliere una terapia "fai da te" (self-medication) chiedendo eventualmente l'aiuto del farmacista.
Un tipo di terapia che, per la cura di queste patologie, conosce un sempre maggior successo è quella aerosolica perché non è invasiva, perché di solito in ogni famiglia è disponibile un apparecchio per l'aerosol, perché infine, come dicevamo, è in aumento il numero di persone affette da sindromi allergiche o croniche delle vie aeree (soprattutto bambini).
Gli apparecchi per aerosol attualmente in uso si possono ricondurre a tre tipi:
1) Apparecchi a membrana, sono i tipi più economici, abbastanza rumorosi, non hanno la potenza necessaria per nebulizzare finemente il farmaco. Utilizzando ampolle di moderna concezione possono essere utilizzate nelle piccole patologie, non sono adatti ad un uso gravoso. Nebulizzano 3cc in 13 minuti.
2) Apparecchi a pistone, a seconda del tipo possono essere a uno o a due pistoni, potenti, garantiscono ottime prestazioni anche in patologie serie come quelle polmonari e l'asma. Sono veloci e gli ultimi modelli non sono molto rumorosi. Sono adatti a un uso prolungato e impegnativo anche con farmaci in sospensione. Il costo è elevato a causa della complessità costruttiva. I tipi a due pistoni nebulizzano 3 cc in 7 minuti.
3) Apparecchi a ultrasuoni. Sono quelli più moderni. L'energia di nebulizzazione è garantita da una capsula che emette ultrasuoni e la nebbia viene mossa da un piccolo ventilatore. Veloce ed assolutamente silenzioso. Costo medio-alto. Nebulizzano 3 cc da 4 a 7 minuti a secondo le caratteristiche del farmaco.
Siamo sicuri di utilizzare nel modo migliore l'apparecchio? Diamo alcune risposte ai quesiti più frequenti.
1) D: "L'aerosol migliore è quello che impiega minor tempo a finire la medicina!"
R: di solito questo è vero perché indica una maggior potenza dell'apparecchio e quindi la capacità di formare una nebbia più fine che può penetrare più profondamente nell'albero respiratorio. Ricordiamo però che siamo noi con l'inspirazione a dare al farmaco l'energia necessaria per essere inalato. Un aerosol che funzioni a vuoto senza la nostra collaborazione, che consiste nell'inalare profondamente, non serve a nulla.
2) D: "Un aerosol potente è rumoroso!"
R: questo era vero fino a qualche anno fa, attualmente non è più così perché la tecnica ha permesso di silenziare notevolmente i tipi a pistone e quelli ad ultrasuoni sono assolutamente silenziosi.
3) D: "È meglio non allungare il farmaco perché così è più efficace!"
R: Questo è un grave errore perché se, per esempio, si usano 20 gocce del farmaco (pari circa ad 1 cc) verranno nebulizzate in 30-40 secondi tempo in cui si fanno 5-6 forti inspirazioni; se invece diluiamo con soluzione fisiologica o acqua distillata portando il tutto al volume 4-5 cc avremo il tempo di effettuare 20-30 atti inspiratori garantendo la corretta diffusione del farmaco.
Rivolgetevi al vostro farmacista per essere consigliati sul corretto uso di questa terapia che, se applicata per tempo e correttamente, può garantire ottimi risultati.
Un antico adagio affermava che: "Il raffreddore curato passa in una settimana, mentre quello non curato passa in sette giorni". In ogni proverbio c'è sempre una verità.
Le malattie virali, in effetti, si prevengono non si curano. Questo è vero per quelle per cui esiste il vaccino e quando questo sia stato fatto! E negli altri casi? Si ricorre ai " FARMACI SINTOMATICI" che, come dice la stessa definizione, attenuano i sintomi senza curarne la causa. Quale sono i più diffusi sintomatici?
• Antipiretici: agiscono riducendo la temperatura corporea.
• Antitussivi: agendo di solito sul centro della tosse (nel cervello) ne attenuano la frequenza.
• Antistaminici: riducono l'intensità dei fenomeni allergici.
• Antidolorifici: contrastano il dolore
• Ecc.
Il rischio è di usare i sintomatici a sproposito o di coprire alcuni sintomi cosi che, all'arrivo del medico siamo freschi come una rosa e senza tosse ma in piena sindrome influenzale e il dottore non sa che fare. Un altro rischio è di usare due o tre farmaci che agiscono nella stessa direzione causando pericolosi sovradosaggi. Per esempio le classi dei farmaci Antipiretici, Antinfiammatori, Analgesici sono spesso sovrapponibili perciò un antipiretico è anche antinfiammatorio e viceversa. Accade così che un cardiopatico che prende normalmente piccole dosi di aspirina per migliorare la circolazione, aggiungendo un antipiretico possa avere piccole emorragie. O, invece la mamma che è abituata a dare la tachipirina per il minimo rialzo febbrile, aggiunga poi un'aspirina per il mal di testa. Rivolgetevi con fiducia al vostro farmacista che vi sarà vicino e vi guiderà nella scelta più oculata.
Dott. Franco Ricciuti
Le donne soffrono di problemi di stomaco più degli uomini e questi peggiorano con l'età. Un disturbo molto comune è la sensazione di bruciore e dolore di stomaco.
Esclusa la presenza di sintomi di allarme (per i quali è importante rivolgersi al medico), possiamo trovare nell'ambito delle sostanze naturali un valido aiuto anche per contrastare la sensazione bruciore e dolore di stomaco causati dall'irritazione della mucosa gastrica.
Bruciore, dolore, senso di acidità sono sintomi molto frequenti e così tanto comuni che quasi tutti li hanno avvertiti almeno una volta. Si manifestano quando le capacità difensive delle mucose dell'esofago e dello stomaco sono compromesse causando una aggressione da parte dell'acidità dei succhi gastrici.
Alcune piante medicinali sono molto ricche di polisaccaridi ad azione lenitiva e protettiva (gel di Aloe, Altea, Malva) che, se associate a minerali quali la Nahacolite ed il Limestone naturalmente ricchi di bicarbonati e carbonati, formano un complesso molecolare che realizza sulle mucose un film ad effetto barriera che riproduce le funzioni del muco fisiologico contrastando acidità e reflusso, senza alterare le funzioni digestive dello stomaco. Il complesso molecolare dato dalla esclusiva combinazione "vegetale-minerale" di polisaccaridi e sali minerali potenzia il muco gastrico (che protegge normalmente lo stomaco dall'acido in esso presente grazie all'azione del muco prodotto dalla stessa mucosa gastrica e dal bicarbonato) e protegge la mucosa dell'esofago contrastando il senso di bruciore ed acidità.
Se vuoi saperne di più sul benessere di stomaco e intestino, vieni in una delle oltre 500 farmacie Apoteca Natura e scopri il Servizio Permanente di Prevenzione "Stomaco e Intestino al centro della tua salute", troverai la risposta naturale alla tua esigenza di salute.
Cerca la farmacia Apoteca Natura più vicina a te!
Franco Ricciuti
Schede tecniche sintetiche riguardanti alcuni principi attivi utilizzati per il trattamento dell'igiene orale.
È disponibile in farmacia uno stampato informativo dal titolo "Diabete e dintorni", realizzato dai nostri collaboratori.
"Il diabete è una malattia inguaribile con la quale bisogna imparare a convivere".
Questa è la frase che tutti i medici usano per comunicare la diagnosi ai propri pazienti. E il diabete resta uno dei grandi problemi sanitari e numerose energie vengono impiegate ogni anno per mettere a punto farmaci sempre più efficaci e con minori effetti collaterali (basti pensare che l' insulina, fino a pochi anni fa estratta dal pancreas dei maiali, è oggi prodotta con ingegneria genetica ed è del tutto identica a quella umana).
La qualità della vita del diabetico è attualmente identica a quella di qualsiasi altro individuo, alcune preclusioni alimentari, una volta assolute, sono state riviste dalla moderna diabetologia.
Persino il modo di somministrare l' insulina è cambiato, gli aghi sono diventati sottilissimi, esistono "penne" predosate ed è vicino il tempo in cui persino l' iniezione sarà un ricordo.
L' unico vero pericolo è la "banalizzazione" della malattia proprio a causa dei progressi ottenuti. Il diabete è e resta una emergenza sanitaria in cui il ruolo del medico di base e del diabetologo è fondamentale, il paziente "fai da te" va incontro, inevitabilmente, a grossi problemi. E' vero però che il paziente informato può meglio affrontare il problema riducendo al minimo i propri disagi.
In questa ottica insieme a tutti i collaboratori della Farmacia Ricciuti ho inteso offrire un approccio diverso, che fornisca stimoli e strumenti di approfondimento ed abbiamo progettato una serie di iniziative di screening e di informazione.
La somministrazione di farmaci in gravidanza presenta alcune caratteristiche peculiari, legate al fatto che il farmaco esplica la sua azione su due organismi, la madre e il feto, ciascuno con proprie caratteristiche La gravidanza stessa - evento di per sè fisiologico, esente da patologie (se non ne intervengono) - provoca nell'organismo della gestante modificazioni che interagiscono con la farmacocinetica del farmaco somministrato, con effetti diversi rispetto a una donna non gravida.
La biodisponibilità del farmaco risulta, infatti, diversa rispetto a condizioni fisiologiche normali, sia nell'organismo materno sia nel feto. Secondo una recente indagine epidemiologica, una donna in gravidanza assume mediamente 2.6 farmaci nell'arco dei nove mesi (il 61 per cento 1-3 farmaci, il 26 per cento 4-6 farmaci, il 4 per cento oltre sette farmaci), tra cui è di solito compreso un preparato vitaminico e/o a base di ferro.
Spesso è difficile sapere quali farmaci sono più o meno indicati in un periodo della gravidanza: ogni far-maco è un caso a sé, e se taluni sono pericolosi nel primo trimestre non lo sono nel secondo e nel terzo. L'acido folico andrebbe, insieme alle vitamine a basso dosaggio e al ferro, sempre consigliato nei primi mesi di gravidanza in quanto è utile per la prevenzione della spina bifida. Le altre categorie di farmaci vanno valutate caso per caso dal medico curante. Ecco una panoramica generale che può aiutarci a consigliare e rassicurare la gestante in un periodo fisiologico particolare, dove dubbi e domande dav¬vero non finiscono mai.
Farmaci largamente impiegati in gravidanza per i quali non sono stati evidenziati effetti negativi sul feto. Tra questi il paracetamolo, che ricordiamo non appartiene al gruppo dei Fans perchè ha una modestissima azione antinfiammatoria. Agisce, inoltre, inibendo le prostaglandine presenti nel cervello, ma non quelle prodotte dai tessuti (i Fans invece agiscono anche nei vari distretti corporei). Il paracetamolo non influenza la coagulazione e presenta minori effetti collaterali sgraditi rispetto ai Fans. Altri farmaci privi di controin-dicazioni sono quelli usati per ridurre le contrazioni uterine, i farmaci per migliorare la circolazione venosa, gli anestetici locali. Gli antibiotici sono la seconda classe di farmaci più prescritti in gravidanza e quasi esclusivamente per le infezioni urinarie e genitali. L'ampicillina e l'amoxicillina (con o senza acido clavulanico) tra le penicilline, e l'acido pipedemico sono risultati tra i composti più utilizzati. Penicilline, cefalosporine ed eritromicina base sono considerati antibiotici di prima scelta, in quanto la loro assunzione non aumenta il rischio d'incidenza di malformazioni congenite nei neonati. Le cefalosporine per uso parenterale, contenenti il gruppo N-metil-tetrazolo, andrebbero invece evitate durante la gravidanza per il rischio d'interferenza con la vitamina K. Mentre l'eritromicina base è considerata sicura in gravidanza, andrebbe evitata l'assunzione del sale di estolato in quanto potrebbe aumentare l'incidenza di ittero nella donna in stato interessante.
Farmaci da usarsi con cautela in gravidanza, per i quali non sono stati evidenziati effetti teratogeni sul feto, ma che tuttavia è preferibile non assumere per l'insorgenza di altri tipi di complicazioni. Tra questi i Fans (salicilati, sulfonanilidi) vanno usati con estrema cautela e solo su prescrizione medica. Soprattutto occorre informare la paziente riguardo l'assunzione di fans nell'ultimo trimestre di gravidanza, in quanto la loro assunzione potrebbe ritardare il momento della nascita e aumentare il rischio di emorragie durante e dopo il parto. Neppure durante l'allattamento il loro uso è consigliato, perchè sono farmaci secreti nel latte materno e potrebbero essere dannosi per il bambino. Alcune categorie poi, come per esempio i pirazolici, gli indolici e derivati aril-antranilici, i derivati aril-acetici, gli oxicam, gli acidi piranocarbossilici, andrebbero evitati durante tutto il periodo di gestazione e l'allattamento.
Tra gli antibiotici, i macrolidi non sono né tossici, né teratogeni ma sono considerati farmaci di seconda scelta rispetto a penicilline e cefalosporine. Tra i ma¬crolidi più usati troviamo la claritromicina.
Farmaci con effetti dannosi sul feto anche se non di tipo teratogeno. Sono farmaci da assumere con molta cautela i sulfamidici e trimetroprin; metronidazolo e antiparassitari; antielmintici; cloramfenicolo; aminoglicosidi. L'uso del metronidazolo può essere considerato sicuro nel secondo e terzo trimestre di gravidanza mentre non possiede controindicazioni per l'uso topico. Spesso per curare una batteriuria asi-tontomatica, alle future mamme allergiche a penicilline e cefalosporine, vengono prescritti antibiotici a base di nitrofurantoina. Il farmaco attraversa la placenta e alcuni autori hanno ipotizzato che possa causare anemia emolitica fetale soprattutto nei casi in cui ci sia già una deficienza enzimatica di glucosio-6-fosfato deidrogenasi. Tale rischio non è mai stato confermato da studi clinici, rimane comunque la precauzione di evitarne l'uso durante l'ultimo periodo di gestazione. Riguardo agli antielmintici è meglio evitare la somministrazione di griseosulfina, anfotericina b, clotrimazolo e derivati dell'imidazolo per la scarsità di dati attualmente disponibili.
I sulfamidici non presentano particolari controindicazioni, ma andrebbe evitata la loro somministrazione in prossimità del parto. Questo vale soprattutto per il cotrimossazolo (trimetoprin + sul¬fametossazolo) il gruppo solforico può, infatti, spiazzare la bilirubina e causare kernittero nel bambino, se il farmaco è somministrato vicino al parto. Alla nascita si assiste ad un abbondante degrada¬zione dell'emoglobina di tipo fetale, ma il pigmento biliare che si forma non può essere eliminato perché non può essere trasformato in composti glucoronati e viene così mes¬so in circolo legato all'albumina plasmatica. Se il neonato riceve un farmaco che compete per gli stessi siti di legame, il pigmento biliare è spiazzato e si accumula in alcuni nuclei cerebrali (da cui il nome kern=nucleo icterus=ittero), provocando danni anche mortali. Anche il cloram-fenicolo non dovrebbe essere assunto in prossimità del parto in quanto può causare la "gray-sindrome" (sindrome del bambino grigio). Si tratta di una forma di collasso circolatorio associato ad eccessive concentrazioni di cioramfenicolo non coniugato perché il sistema enzimatico epatico responsabile della glucoranazione, nel neonato è ancora immaturo. Infine gli amino¬glicosidi (kanamicina, amika¬cina, tobramicina, neomicina, streptomina egentamicina) presentano un potenziale rischio di causare oto e nefro-tossicità, ma non hanno effetto teratogeno.
Vanno usati solo per periodi limitati:
Antidepressivi. Come le amfetamine comportano una riduzione dell'appetito e potrebbero influire sulla crescita del feto. Possono inoltre aumentare il rischio di distacco della placenta, ictus o morte del feto. Riguardo la fluoxetina i recenti studi prospettici hanno tuttavia mostrato che il farmaco non rappresenta un particolare rischio per il bambino e non sembra influenzare lo sviluppo neurocomportamentale del neonato.
Tranquillanti. Se la madre fa uso di dosi elevate di tranquillanti, il neonato può avere una sindrome di astinenza.
Droghe. Il fumo andrebbe evitato durante tutta la gravidanza in quanto comporta maggiori rischi di parti prematuri, aborto, distacco della placenta, rottura anticipata del sacco amniotico, sindrome della morte improvvisa del neonato. I figli delle donne fumatrici nascono spesso sottopeso, pesano in media 250 grammi in meno rispetto ai figli delle non fumatrici. Marijuana e hashish sono concausa di parti prematuri e bambini sottopeso.
Farmaci da evitare perchè potenzialmente teratogeni. Fanno parte di questo gruppo alcuni antineo¬plastici che, se impiegati nel primo trimestre aumentano il rischio di malformazioni a carico del sistema nervoso centrale e degli arti. Antibiotici generalmente controindicati in gravidanza sono invece le tetracicline, i fiuorochinoloni e l'eritromicina estolato. Le tetracicline non devono essere somministrate durante il periodo di mineralizzazione dei denti del neonato (secondo-ter¬zo trimestre) in quanto potrebbero indurre ipoplasia dello smalto, e decolorazione dei denti; chelante, infatti, il calcio e inibiscono la sintesi proteica. Presentano inoltre uno spiccato organotropismo per il tessuto osseo, si depositano dopo la 12 settimana nello scheletro dove possono inibire l'allungamento dell'osso e l'uptake del calcio. I chinolonici hanno causato lesioni permanenti negli animali immaturi ma non si sono rivelati né embriotossici, né tratogeni. A causa della man¬canza di dati attualmente disponibili, i chinolonici non sono considerati tra gli antibiotici di prima scelta in gravidanza. La penicillamina (VEDI NOTA) è un antibiotico usato in una malattia che determina danni da accumulo di rame nei tessuti. Nel feto può indurre una modificazione delle fibre del collagene e dell'elastina della pelle che assume così un aspetto cadente (cutis laxa).
Gli ormoni androgeni e progestinici ad azione androgena, possono determinare segni di mascolinizzazione sul feto femminile.
Alcuni antitiroidei (i derivati tiroidei, ioduri e iodio radioattivo) possono causare danni alla tiroide e gozzo fetale se usati dopo la 10 settimana. Attenzione ad alcuni espettoranti che contengono ioduri. Il farmaco da consigliare per la terapia dell'ipertiroidismo in gravdanza è il propiltiouracile.
Litio carbonato. Usato nelle psicosi maniaco-depressive aumenta il rischio di malformazioni cardiache e in particolare dell'anomalia di Ebstein (inserzione anomala della valvola tricuspide).
Retinoidi. Elevati dosaggi di vitamina A, usata per esempio nella terapia dell'acne, possono indurre malformazioni del sistema nervoso centrale, dell'orecchio e cardiache.
La warfarina e altri coagulanti orali della classe dei cumarinici possono determinare una sindrome caratterizzata da difetti nasali, malformazioni del sistema nervoso centrale, ritardo mentale e iposviluppo fetale. Il rischio di danni cerebrali aumenta se le som¬ministrazioni si verificano durante il 2 e il 3 trimestre.
Antiepilettici. L'acido valproico aumenta il rischio d'insorgenza di spina bifida e dismorfismi facciali.
Trattamenti estetici. In farmacia è presente anche il reparto profumeria da sempre un'attrattiva per tutte le donne, ma anche in questo caso ci sono delle precauzioni da adottare. Meglio non consigliare le creme contenenti vitamina A e gli alfa idrossiacidi che sono in grado di entrare in circolo nell'organismo. Riguardo alle tinte, per maggiore sicurezza è meglio scegliere solo quelle composte da prodotti vegetali senza ammoniaca. Nessun problema per la ceretta.
P.S.
RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO INTEGRALMENTE LA SEGUENTE PRECISAZIONE GIUNTA NELL'ESTATE 2008:
Gentile Dr. Ricciuti,
le scrivo per segnalare che nella sezione "Cautele in gravidanza", quando si parla della penicillamina, vi è un errore che andrebbe eliminato;
In sostanza nel sito si afferma che "La penicillamina è un antibiotico...." quando invece è solo derivato da un antibiotico, la penicillina, senza però conservarne tale proprietà.
La penicillamina è un farmaco con proprietà chelanti appartenente alla famiglia degli antireumaici.
Poiché il sito si occupa informazione, mi sono permesso di intervenire affinchè l'informazione stessa possa arrivare all'utente in maniera corretta.
Saluti.
Salvatore Sotgia
L'automedicazione nell'area delle piccole patologie dell'apparato digerente è, senza dubbio, una delle situazioni che più frequentemente si presentano in farmacia e nelle quali la metodica del counseling, impostata, com'è noto, su una relazione collaborativa tra operatore sanitario e paziente, può conseguire risultati in misura decisamente significativa.
Molte delle più comuni forme morbose gastrointestinali, infatti, sono accompagnate da una notevole componente psichica e in questo contesto diventa fondamentale la partecipazione attiva del paziente alla formulazione della diagnosi e all'individuazione della terapia più idonea. Inoltre, i disturbi dell'apparato digerente sono caratterizzati da una molteplicità di fattori che devono essere attentamente analizzati e valutati dal farmacista, modulando l'approccio con il paziente in funzione della sua personalità e della rilevante varietà dei sintomi riferiti, nonché, delle singole posizioni di carattere psicologico di fronte all'evento nosologico. Il farmacista, quindi, prima di procedere al consiglio farmacologico deve:
Valutare l'impiego dei farmaci da parte del paziente
Quasi tutti i farmaci presenti in commercio possono indurre effetti indesiderati a carico dell'apparato gastrointestinale. Di conseguenza è necessario che il farmacista subito dopo aver vagliato la sintomatologia esposta dal paziente, lo solleciti ad assumere con precisione tutti i medicamenti che impiega, la posologia e anche le modalità di assunzione (per es. a stomaco pieno o a digiuno, a specifici orari, ecc.). È indispensabile, infatti, accertare, prima di consigliare un farmaco senza obbligo di ricetta medica, che i disturbi accusati dal paziente non siano dovuti a un'eccessiva assunzione di altri medicamenti o a un'errata somministrazione degli stessi. Un diffuso esempio è rappresentato dai farmaci antinfiammatori non steroidei ingeriti a stomaco vuoto: per il loro effetto gastrolesivo si può talvolta manifestare anche la comparsa di emorragie gastriche.
Fare attenzione alle interferenze tra medicamenti
Alcuni farmaci utilizzati dai pazienti per sopprimere i sintomi a carico dell'apparato digerente possono interferire con altri medicamenti. Tipico è il caso degli antiacidi la cui somministrazione può interferire con l'assorbimento di moltissimi medicamenti come evidenziato nella tabella seguente.
Evidenziare le indicazioni dietetiche
Pazienti affetti da patologie che richiedono un rigoroso controllo dietetico (ad es. diabete, ipercolesterolemia, ecc.) non sempre sono in grado di seguire con scrupolosa diligenza le istruzioni dietetiche loro prescritte. In questi casi si presentano in farmacia lamentando la presenza di fastidiosi malesseri a livello gastroenterico ma, nel contempo, sono poco inclini a confessare di essere sottoposti a una dieta particolare e di aver disatteso alcune delle indicazioni alimentari suggerite dal proprio medico.
Il farmacista, pertanto, dovrà necessariamente convincere il paziente ad accettare e seguire con rassegnazione determinate indicazioni dietetiche. Anche in questo caso il ruolo del counseling risulta determinante. È essenziale, infatti, cercare di ottenere l'adesione e la collaborazione del soggetto: qualsiasi intervento terapeutico, infatti, può essere completamente invalidato dall'incapacità del paziente di adeguare le proprie abitudini alimentari a determinate situazioni patologiche.
Valutare la componente psichica
Moltissime condizioni morbose a carico dell'apparato digerente, tra le quali le più comuni sono il colon irritabile, la gastrite e l'ulcera gastroduodenale, riconoscono, tra le varie cause, una forte componente psichica: ansia, nervosismo e stress giocano un ruolo di grande rilievo nell'eziopatogenesi di queste malattie. Il suggerimento di farmaci senza obbligo di ricetta medica in tali soggetti richiede notevole disponibilità da parte del farmacista a lunghi colloqui con il paziente, destinati all'identificazione del suo malessere e alla conoscenza della relativa sintomatologia: l'obiettivo è di favorire nel soggetto la rimozione o quantomeno la modificazione di quei modelli comportamentali che costituiscono veri e propri fattori sia predisponenti nei confronti di numerosi disturbi gastrointestinali, sia di impedimento alla loro correzione. La nausea o il vomito o la diarrea o un tipico bruciore alla cosiddetta bocca dello stomaco prima di un esame o di un colloquio di lavoro importante o di un impegno gravoso sono gli esempi più evidenti del ruolo esercitato dai fenomeni psichici sull'insorgenza di queste patologie. Ne discende che in tali casi la funzione del farmacista diventa fondamentale.
Inoltre, dal momento che le affezioni gastrointestinali sono molteplici e spesso non facilmente individuabili, soprattutto quando è presente la componente psichica, il farmacista, nell'impostare il rapporto con il paziente, dovrà necessariamente, oltre a esaminare con estrema attenzione la sintomatologia, anche esplorare, prima di esprimere le proprie valutazioni sui disturbi accusati dal paziente, la sua volontà a modificare il proprio stile di vita e/o le proprie abitudini alimentari.
A un individuo che svolge un'attività molto dinamica e i cui pasti vengono di solito consumati frettolosamente magari nei fast-food, non ha alcun senso consigliare l'assunzione di un antiacido in caso, ad esempio, di pirosi o di gastrite, senza tentare di convincerlo a modificare le proprie abitudini.
Di seguito vengono descritti alcuni esempi, di più frequente osservazione, al fine di dimostrare come e quanto sia importante, prima di consegnare un farmaco senza obbligo di ricetta medica, approfondire il dialogo con il paziente e indagare sul suo quadro sintomatologico..
Principali interazioni degli antiacidi con altri farmaci:
Antibiotici chinolonici. Gli antiacidi a base di sodio e calcio riducono la solubilità degli antibiotici per alcalinizzazione delle urine diminuendone l'assorbimento e inducendo nefrotossicità. Dove non è possibile evitare l'associazione fra i due farmaci, è consigliabile assumere l'antiacido almeno 6 ore prima o 4 ore dopo l'assunzione del chinolonico; con antiacidi contenenti alluminio e magnesio si può avere una riduzione dell'effetto degli antibiotici.
Ketoconazolo. Gli antiacidi a base di sodio e calcio riducono l'assorbimento intestinale del ketoconazolo.
Isoniazide. Gli antiacidi a base di alluminio possono ridurre l'assorbimento dell'isoniazide. È necessario somministrare l'isoniazide almeno 1-2 ore prima dell'antiacido.
Tetracicline. Gli antiacidi a base di alluminio, magnesio e calcio possono indurre una riduzione dell'assorbimento dell'antibiotico.
Fans. Gli antiacidi contenenti alluminio e magnesio possono provocare una riduzione dell'effetto antinfiammatorio di alcuni Fans, soprattutto naprossene e indometacina.
Glicosidi digitalici. Possibile ridotto assorbimento con antiacidi contenenti alluminio, magnesio e calcio. È consigliabile somministrare i farmaci a distanza di tre ore.
Chinidina. Possibile aumento della tossicità della chinidina con antiacidi a base di alluminio, magnesio e calcio poiché possono ridurre l'escrezione urinaria della chinidina.
Corlicosteroidi. Possibile riduzione dell'assorbimento con antiacidi a base di alluminio, magnesio e calcio. È consigliabile distanziare la somministrazione dei farmaci di almeno 3 ore.
Fenitoina. Riduzione dell'assorbimento con antiacidi contenenti calcio.
Captopril. Possibile riduzione dell'effetto antipertensivo con antiacidi a base di alluminio e magnesio. È consigliabile somministrare i farmaci a distanza di 1-2 ore.
Vitamina D. Possibile tossicità ossea con antiacidi a base di alluminio; con antiacidi contenenti magnesio si può verificare una ipermagnesemia. È necessario evitare l'associazione protratta.
Ferro per uso orale. Diminuzione dell'effetto con antiacidi contenenti carbonati e magnesio trisilicato. L'effetto può essere ridotto associando la vitamina C; altrimenti è necessario distanziare la somministrazione dei farmaci di almeno 2 ore.
Alcuni scenari terapeutici
Il paziente è un individuo anziano, debilitato, con forti difficoltà a esprimersi. Dichiara di assumere, su prescrizione medica, numerosi farmaci tra i quali norfloxacina, Ace-inibitori, diuretici, ipolipidemizzanti, antidepressivi e neurolettici. Da circa due settimane lamenta, sempre più frequentemente, bruciori e dolori all'epigastrio, rigurgiti acidi e, a volte, vomito post-prandiale. Un vicino di casa gli ha suggerito di ridurre il numero dei farmaci attualmente assunti e gli ha fornito una confezione di un prodotto a base di bicarbonato di sodio. I disturbi, però, non accennano a diminuire e, invogliato da uno spot promozionale televisivo, chiede di acquistare un prodotto a base di metoclopramide.
Il farmacista si trova davanti un quadro clinico tanto comune quanto complesso. Dovrà, anzitutto, controllare se il farmaco che il paziente ha già deciso autonomamente di assumere sia compatibile con il quadro patologico già presente. Nello stesso tempo dovrà avvertirlo di porre la massima attenzione nel seguire i consigli dei soliti amici ben informati, che in un campo estremamente delicato come quello della salute possono provocare seri danni.
Successivamente, il farmacista raccomanderà con decisione al paziente di attenersi con scrupolosa accortezza alle prescrizioni del medico curante e di informarlo tempestivamente su qualsiasi modifica intenda adottare nello schema terapeutico in atto.
Per quanto riguarda il bicarbonato di sodio, l'effetto di una singola dose è di breve durata e può essere seguito da un aumento della secrezione acida. Inoltre, l'eccesso di ionio sodio può risultare
assai pericoloso nei pazienti ipertesi. Il farmacista potrà invitare il paziente ad assumere, sempre con una certa cautela, un antiacido a base di alluminio e magnesio in quanto, oltre alle precedenti considerazioni, è assolutamente da evitare l'associazione contemporanea di bicarbonato di sodio con norfloxacina, che determinerebbe un ridotto assorbimento dell'antibiotico. Infine, è necessario sconsigliare con decisione l'assunzione di metoclopramide a un paziente che assuma farmaci neurolettici e/o antidepressivi. L'azione antiemetica della metoclopramide, infatti, è dovuta al selettivo blocco della dopamina a livello della chemioreceptor trigger zone. L'azione antidopaminergica è estesa anche alle fibre del tratto nigro striatale ed è proprio quest'azione che può indurre alterazioni di tipo extrapiramidale con effetti collaterali parkinsoniano simili. Farmaci come i neurolettici (fenotiazine e butirrofenoni) e antidepressivi, se assunti contemporaneamente alla metoclopramide, possono indurre un potenziamento dei sintomi parkinsoniani.
Nella tabella II sono evidenziate le principali interazioni della metoclopramide con altri farmaci.
• Antidepressivi triciclici possibile comparsa di sintomi anticolinergici
• Neurolettici potenziamento degli effetti extrapiramidali
• Antidepressivi potenziamento degli effetti extrapiramidali
• Digossina ridotto assorbimento
• Paracetamolo aumento dell'attività
• Pivampicillina aumento dell'attività
• Cimetidina ridotto assorbimento
Il paziente è un bambino nato da pochi giorni. I genitori riferiscono che il neonato manifesta frequentissime coliche caratterizzate anche dalla presenza di addome teso e duro e ripetuti stiramenti delle gambette.
Il pediatra ha prescritto la somministrazione di 20 gocce di simeticone dopo ogni poppata, ma i genitori, preoccupati di dover far prendere un farmaco a un bambino così piccolo, chiedono maggiori informazioni ed eventualmente la possibilità di ridurre la posologia per diminuire l'incidenza di eventuali effetti collaterali.
Il giovane papà, inoltre, riferisce di soffrire di gonfiore post-prandiale che comporta numerose e fastidiose eruttazioni e frequenti scariche diarroiche dall'odore putrido. Sollecitato dalle domande del farmacista confessa di essere un forte mangiatore di pasta, pane, carne e uova e di essere
particolarmente ghiotto di lenticchie. Chiede, quindi, se il farmaco utilizzato per il neonato può essere somministrato anche agli adulti.
Il farmacista potrà rassicurare i genitori del piccino: il simeticone o dimeticone è un farmaco completamente innocuo come testimonia l'assoluta mancanza di descrizioni di interazioni ed effetti collaterali nel foglietto illustrativo della specialità medicinale. Appartiene alla famiglia dei composti antischiuma, molecole inerti e insolubili in acqua, che agiscono grazie alle loro proprietà fisico-chimiche di tensioattivi, riducendo, cioè, la tensione superficiale delle bolle gassose presenti nel tratto digestivo e favorendone la rottura con conseguente liberazione dei gas in esse presenti. È opportuno, pertanto, rispettare senza alcun timore la prescrizione del pediatra. Per i disturbi esposti dal genitore il farmacista potrà approvare la sua intenzione di utilizzare lo stesso farmaco - ovviamente in compresse, anziché in gocce - alla fine dei pasti principali. Il soggetto risulta verosimilmente affetto da meteorismo intestinale, forma patologica in cui il gas presente nell'intestino deriva dalla presenza di una flora batterica che agisce sui residui proteici indigeriti e favorisce la formazione endoluminale di anidride carbonica, azoto e metano. La formazione di questi composti può verificarsi anche per azione di una flora batterica in grado di agire sui prodotti del catabolismo dei carboidrati.
Ovviamente è indispensabile che il paziente collabori attivamente nell'impostare un regime dietetico più equilibrato, con la drastica riduzione dei carboidrati e delle proteine, soprattutto quelle di origine animale, e l'eliminazione dei legumi.
È buona norma, inoltre, per tutti i soggetti affetti da meteorismo intestinale, consumare i pasti con calma, masticando i cibi molto lentamente, senza leggere e senza guardare la televisione. Occorre anche limitare l'uso di caffeina ed evitare, nel modo più assoluto, le bevande gassate - soprattutto se molto fredde - e gli alcolici.
Il paziente è un bambino di circa 7 mesi di età. I genitori riferiscono che il piccolo soffre, con una certa frequenza, di coliche gassose che non diminuiscono di intensità anche dopo la somministrazione di 10 gocce di simeticone. Attenendosi al parere di un amico, chiedono di acquistare un preparato in gocce a base di cimetropio bromuro.
Il farmacista raccomanderà vivamente di non impiegare il cimetropio bromuro in assenza di ricetta medica. Il farmaco, un noto anticolinergico, deve essere utilizzato con la massima prudenza nei lattanti in quanto può facilmente indurre reflusso gastroesofageo, una sintomatologia riflessa respiratoria di tipo ostruttivo e, a volte, nei soggetti predisposti, irritabilità, tremori e perfino convulsioni. Si potranno invitare, invece, i genitori ad aumentare tranquillamente la posologia del simeticone fino a 20 gocce dopo ogni pasto e a consultare, in caso di eventuale insuccesso, il pediatra di fiducia.
Il paziente è una donna obesa che richiede l'acquisto di un noto lassativo a base di un purgante antrachinonico. Interrogata con discrezione dal farmacista riferisce di assumere il farmaco perché non riesce a evacuare tutti i giorni (come era sua abitudine fino a pochi mesi prima) e anche dopo pranzi molto abbondanti per cercare di dimagrire e ridurre l'apporto delle calorie. Asserisce di essersi rivolta, per risolvere questo problema, a una erborisleria di sua fiducia, dove le è stato indicato un preparato a base di erbe e perciò considerato assolutamente innocuo denominato «miscela di Baghdad». L'erborista ha consigliato di sciogliere un cucchiaino in una tazza di acqua e di berne il contenuto tutte le sere prima di andare a letto. A volte, come in questo caso, alterna al preparato erboristico un lassativo acquistato in farmacia. Lamenta, di tanto in tanto, in seguito all'ingestione sia della polvere vegetale, sia del farmaco, forti dolori al basso ventre che, però, diminuiscono dopo un po' di tempo.
Il farmacista spiegherà che anche i prodotti erboristici, quando vengono assunti come farmaci, presentano un rapporto rischio/beneficio che deve essere attentamente valutato. Occorre sempre rammentare che non esiste alcuna sostanza, vegetale o di sintesi, che presenti una dimostrata azione terapeutica senza la comparsa di qualche effetto secondario indesiderato. È necessario, quindi, sfatare la comune credenza popolare secondo la quale tutto ciò che è naturale risulta completamente innocuo. Inoltre, nel caso in esame, è necessario considerare che molti negozi, non sottoposti ad alcuna disciplina, vendono preparazioni vegetali dai nomi esotici e misteriosi che altro non sono che elaborazioni contenenti notissimi purganti antrachinonici quali senna, cascara, aloe, ecc.
Il farmacista, inoltre, esporrà al paziente i rischi connessi a un deplorevole uso prolungato e abituale di lassativi, specie di quelli a base di purganti antrachinonici. Molti individui, infatti, hanno opinioni confuse e prive di qualsivoglia supporto scientifico per quanto attiene la frequenza, la quantità e la consistenza delle feci in condizioni di buona salute e spesso si autoprescrivono, generalmente in maniera errata, farmaci ad azione lassativa. E dopo un'evacuazione completa del colon, ottenuta con un purgante, specialmente con quelli ad azione antrachinonica, possono trascorrere molti giorni prima di avere una defecazione normale e in questo lasso di tempo il paziente si autoconvince di soffrire di stipsi e ricorre, nuovamente, al farmaco. Si crea, in questo modo, un circolo vizioso per cui dopo un breve periodo di tempo l'intestino del paziente non è più in grado di svolgere le normali funzioni ed è necessario ricorrere ancora al purgante per poter defecare. Il forte abuso di lassativi, per di più, può provocare gravi disturbi gastrointestinali e alcuni purganti - come per esempio gli antrachinonici e il bisacodile - possono provocare una cospicua riduzione di elettroliti e di acqua che, qualora diventi di particolare entità, può condurre a forme di aldosteronismo secondario.
Il farmacista esorterà la paziente ad alimentarsi con una dieta equilibrata, indicata dal suo medico di fiducia, riducendo i grassi e le proteine, privilegiando cibi ricchi di fibre (come per es. verdure e cereali) con un adeguato apporto di liquidi.
Può risultare sicuramente vantaggioso il consumo abituale di prodotti a base di crusca e droghe vegetali contenenti mucillagini come l'Ispagula e il Psillio. Queste sostanze, in realtà, se ingerite insieme a notevoli quantità di acqua sono in grado di indurre un aumento di volume della massa fecale e quindi una maggiore distensione della parete intestinale, mediante il rigonfiamento delle mucillagini in esse contenute, con conseguente stimolazione della peristalsi e successiva evacuazione.
Se questi provvedimenti si dimostrassero inadeguati il farmacista potrà consigliare l'utilizzo di un farmaco lassativo ammonendo la paziente a impiegare la minima dose efficace, il meno frequentemente possibile e di sospendere il trattamento quando non più necessario. Alcuni purganti come gli antrachinonici non devono essere adoperati da pazienti con crampi, coliche, nausee e dolori addominali.
Paziente giovane, molto distinto, che rivela di svolgere un lavoro alquanto stressante. Lamenta una sintomatologia post-prandiale fortemente fastidiosa con eruttazioni, flatulenza, nausea, digestione lenta e laboriosa. Ha utilizzato, in quantità elevata negli ultimi tempi, farmaci anticolinergici e antiacidi ma con scarsissimi risultati.
Chiede un medicinale senza obbligo di ricetta medica a base di domperidone che sta assumendo, sporadicamente, da alcuni giorni. Desidera inoltre conoscere le eventuali differenze tra il farmaco richiesto e un altro prodotto a base di metoclopramide.
Anche in questo caso il farmacista dovrà raccomandare al paziente di alimentarsi con una dieta equilibrata riducendo, per quanto possibile, la tensione nervosa. Potrà suggerire al paziente di proseguire l'uso del farmaco contenente domperidone attenendosi alla posologia abituale e cioè una bustina, sciolta in mezzo bicchiere di acqua, 15-20 minuti prima dei pasti principali fino a un massimo di quattro bustine al giorno. Distoglierà fermamente il paziente dall'associare l'impiego contemporaneo del domperidone e di farmaci anticolinergici e antiacidi con i quali si può avere interazione farmacologica.
Per quanto riguarda le differenze tra domperidone e metoclopramide il farmacista potrà chiarire al paziente che entrambi i farmaci sono utilizzati per gli stessi disturbi. Ma il domperidone si differenzia dalla metoclopramide essenzialmente per non attraversare la barriera ematoencefalica e quindi non dovrebbe indurre le manifestazioni di tipo extrapiramidale tipiche della metoclopramide.
• Anticolinergici possono antagonizzare l'effetto antidispeptico del domperidone;
• Antiacidi possono ridurre la biodisponibilità del domperidone;
• Paracetamolo il domperidone può influenzare i livelli ematici del paracetamolo.
Approfondimento tratto da CONSIGLIARE & CAPIRE - Supplemento al n. 9/98 de "Il Farmacista"
Negli ultimi anni le acque minerali stanno conoscendo un boom inarrestabile. Quali sono i motivi di questo successo? Il cittadino vuole essere sicuro di quel che beve e, non essendolo, preferisce acquistare un'acqua "certificata" piuttosto che bere quella che esce dal suo rubinetto.
Lo stato di manutenzione degli acquedotti, l'inquinamento delle falde acquifere e gli scarichi nei corsi d'acqua concorrono a confermare tale preoccupazione.
Oggi in alcune farmacie è possibile effettuare l'analisi dell'acqua controllando i principali indicatori. In questo modo - senza nulla togliere ai laboratori specializzati cui si rimanda per maggiori e più approfondite analisi - è possibile avere rapidamente e con una modesta spesa, le prime risposte.
Nel 1995 le farmacie italiane hanno raccolto tali dati e partecipato a un lavoro dell'Università di Parma che ha realizzato la prima carta delle Acque Italiana.
Il campione
Perché le analisi forniscano risultati attendibili è importante che il campionamento venga fatto nel rispetto delle seguenti istruzioni:
1. Far scorrere l'acqua per almeno 20 minuti;
2. Utilizzare un contenitore di vetro opaco, che non lasci filtrare la luce (in assenza di contenitori opachi si può utilizzare una scatola per evitare l'esposizione alla luce; ad esempio può andare bene un contenitore sterile - come quelli per le urine - con la scatola di cartoncino);
3. Dalla raccolta alle analisi non devono passare più di 12 ore e in questo lasso di tempo l'acqua deve essere conservata in frigo a temperatura compresa tra 2 ed 8° per evitare la perdita di gas presenti nel campione e anche lo sviluppo di colonie batteriche.
L'Estate è alle porte e, come tutti gli anni, veniamo presi dalla frenesia di essere belli e in forma.
Spolveriamo la nostra bicicletta, compriamo un nuovo paio di scarpette da jogging, ci iscriviamo a un corso di nuoto, a uno di ballo, contattiamo la maestra di aerobica ma, soprattutto: ci mettiamo a dieta. Tempo un mese e ci aggiriamo per casa come zombie. Ricordiamo di essere pronipoti dei romani: "Est modus in rebus". Ovvero: "Troviamo lo stile giusto! Non esageriamo! Godiamoci la vita!". Io, personalmente, preferisco l'otium. Facciamo il punto, prima di tutto, dell'approccio giusto alla forma fisica. Il primo passo è la corretta alimentazione, in questo periodo le riviste, specializzate e non, pullulano di consigli dietetici: la dieta del fantino, quella a zona, quella dissociata, quella dei limoni, quella Kousmine, la South Beach, ecc. ecc. . Alcune di queste diete sono delle autentiche follie, altre invece hanno un presupposto condivisibile ma che riguarda, magari, popolazioni diverse da noi come abitudini alimentari e stile di vita. L'unico motivo per cui tutte funzionano (più o meno) è perché ci danno una regola. In effetti, è vero che l'estate ci muoviamo (e quindi consumiamo) di più, ma è anche vero che usciamo più spesso fuori a cena e una pizza, una birra, un caffè e, perché no, un ammazza caffè vanificano la nostra passeggiata mattutina di 4 chilometri. Un solo consiglio allora: tenere presente il bilancio energetico. Una serata di eccessi che, in vacanza, è prevedibile ed addirittura auspicabile, deve essere compensata da un adeguato esercizio fisico e da un paio di giorni di rigore dietetico. La nostra dieta mediterranea ci viene invidiata da tutti: pomodori, frutta, verdura, ortaggi (preziose sono le carote), olio d'oliva e pasta ci daranno sali minerali, vitamine, carboidrati ed antiossidanti in quantità adeguata a mantenerci in forma ed a difendere la pelle dagli stress ossidativi (sole e sbalzi termici) dando anche una giusta gratificazione al palato. Un bicchiere di vino (meglio rosso) a cena seguita da una bella passeggiata chiuderà in modo ottimale la nostra giornata.
E se gli strappi dovessero ripetersi? Possiamo chiedere aiuto ai prodotti naturali e al cibo. Galeno diceva "il cibo sia il tuo primo medicamento". Un chilo di finocchi che ci sazierà fino all'eccesso non contiene che una manciata di calorie, il chitosano (estratto dai crostacei) e il glucomannano (una fibra vegetale) presi prima dei pasti ridurranno rispettivamente l'assorbimento dei grassi e dei carboidrati. Buone vacanze allora!
dott Franco Ricciuti
La scelta della protezione solare, da qualche anno, non è più solo un problema di estetica ma anche, e soprattutto, di prevenzione sanitaria.
La scelta della protezione solare, da qualche anno, non è più solo un problema di estetica ma anche, e soprattutto, di prevenzione sanitaria. Il sole è un amico prezioso, la fonte della vita sul nostro pianeta (insieme all'acqua e all'ossigeno), ma sono in aumento i tumori cutanei causati da un'eccessiva esposizione. Le radiazioni prendono il nome dal colore dello spettro in cui è compresa la loro lunghezza d'onda, quelle più importanti per la pelle non sono nel campo della luce visibile e sono i raggi UVA (ultravioletti A) e UVB (ultravioletti B), responsabili dell'abbronzatura, e IR (infrarossi), causa del calore.
I raggi UVB si fermano ai primi strati della pelle (l'epidermide), provocano l'arrossamento denominato eritema e stimolano la produzione di melanina che dà, in qualche giorno, l'abbronzatura che proteggerà gli strati più profondi dai raggi UVA.
I raggi UVA, che interessano gli strati più profondi (il derma), non sembrano capaci di innescare totalmente il fenomeno dell'abbronzatura. Provocano in poco tempo un leggero colorito (quello delle famose lampade) sono più dannosi perché possono causare fenomeni di fotosensibilizzazione e, spezzando i legami del connettivo, d'invecchiamento precoce della cute ma, sopratutto, possono provocare l'insorgenza del melanoma e di altri tumori della pelle.
A seconda dell'ora del giorno e del periodo dell'anno i raggi solari attraversano un maggiore o minore strato di atmosfera attenuando la loro energia (per questo motivo i bambini dovrebbero essere esposti di mattino presto o nel tardo pomeriggio quando il sole è più obliquo). Fondamentale è la conoscenza del proprio fototipo, in pratica della maggiore o minore predisposizione all'eritema solare.
La melanina protegge la pelle, a secondo della quantità di melanofori (gli organi produttori di melanina) presenti avremo 5 fototipi:
· Fototipo I: occhi chiari, capelli rossi, lentiggini, pelle chiarissima, si scotta sempre (in modo serio) e non si abbronza mai. Necessità di protezioni solari molto elevate, sempre.
· Fototipo II: occhi chiari, capelli biondi, carnagione chiara, poche lentiggini, si scotta sempre (in modo più leggero) e si abbronza leggermente. Userà protezioni alte.
· Fototipo III: occhi marroni, capelli biondi o castana, carnagione chiara, poche lentiggini, si scotta spesso, si abbronza mediamente. Protezioni alte.
· Fototipo IV: occhi e capelli bruni, carnagione scura, non ha lentiggini, si scotta di rado e si abbronza intensamente. Userà alte protezioni solo nei primi giorni, passerà poi a protezioni medie.
· Fototipo V: occhi scuri, capelli bruni, carnagione molto scura, non si scotta quasi mai e si abbronza molto intensamente. Protezioni basse sin dall'inizio.
I numeri che trovate sulle confezioni dei solari sono dei fattori di moltiplicazione, indicano cioè di quante volte potete aumentare il tempo di esposizione per avere lo stesso tipo di risultato. Ad esempio: siete un fototipo III e state usando un solare con fattore di protezione 30, senza protezione vi scottereste dopo un'esposizione di 10 minuti, con il solare l'eritema comparirà dopo 10 X 30 = 300 minuti cioè 6 ore. E' evidente che dovremo esporci per un tempo inferiore a quello teorico perché vari fattori: sudore, bagni a mare, docce ed il riverbero della sabbia sono altrettante cause di maggior rischio. Alcuni prodotti riportano 2 valori, spesso il secondo valore riguarda i filtri anti-IR che riducono l'effetto calore. Sono da preferire i prodotti waterproof perché sono resistenti all'acqua e ci offrono adeguata protezione anche con bagni ripetuti. Al ritorno dalla spiaggia occorre usare un dopo sole che ha caratteristiche idratanti e lenitive contribuisce cioè a ridurre l'eritema e a combattere gli effetti della disidratazione cutanea.
Per finire un consiglio alle Signore: la tintarella vi rende, senz'altro, più attraenti, ma proteggetevi con una protezione elevata, eviterete il rilassamento cutaneo, le rughe e la comparsa di antiestetiche macchie. Una controindicazione all'esposizione al sole è data dall'uso di ormoni (attente alla pillola!) e di alcuni antibiotici. Chiedete con fiducia al vostro farmacista un consiglio per sapere se i farmaci che assumete rientrano tra quelli fotosensibilizzanti.
dott. Franco Ricciuti
La psicosomatica è quella disciplina, a cavallo tra psicologia e medicina, che mette in relazione la mente con il corpo. Essa studia l'influenza che l'emozione esercita sul corpo in termini di malattie o sintomi fisiologici.
La psicosomatica è quella disciplina, a cavallo tra psicologia e medicina, che mette in relazione la mente con il corpo. Essa studia l'influenza che l'emozione esercita sul corpo in termini di malattie o sintomi fisiologici. In passato, si parlava di psicosomatica solo in relazione a quelle malattie organiche la cui causa rimaneva sconosciuta, e in cui si riteneva determinante l'influenza di fattori psicologici. Oggi invece si parla di "punto di vista psicosomatico", intendendo, con questo termine, la visione, ormai diffusa della persona come una totalità costituita da psiche e corpo. Pertanto, ad ogni malattia organica o malessere fisico corrisponde sempre una condizione di sofferenza psichica. I sintomi psicosomatici ( tachicardia, fame d'aria, iperidrosi, etc. ), che sono semplici disturbi funzionali (è disturbata la funzione dell'organo, ma non c'è lesione), devono essere distinti dalle vere e proprie malattie psicosomatiche, in cui si ha un concreto stato di malattia d'organo con segni di lesione. Tra le malattie che, storicamente, sono sempre state considerate di natura psicosomatica, rientrano: l'eczema, l'ulcera, la colite ulcerosa, l'ipertensione arteriosa e l'asma bronchiale. Attualmente quest'elenco di malattie si è esteso fino a comprendere la cefalea, la gastrite cronica, il colon irritabile, i disturbi dell'alimentazione come l'anoressia e la bulimia e molti altri disturbi che si manifestano a livello corporeo. Una visione dell'uomo come unità di psiche e corpo esigono che ci si prenda cura della persona nella sua globalità. Quindi, sia nei disturbi psicosomatici che nelle malattie psicosomatiche vere e proprie, è auspicabile che la persona si rivolga ad un trattamento psicoterapeutico per risolvere le problematiche che sono all'origine dei suoi disturbi. Nello stesso tempo deve anche seguire, soprattutto nelle patologie più gravi, una terapia medica specifica sia per ridurre lo stato di sofferenza e risolvere le disfunzioni organiche, sia per prevenire l'insorgenza di ulteriori complicazioni. Per finire è importante ricordare che per l'Organizzazione Mondiale della Sanità: la salute non è solo l'assenza di malattia, ma consiste nel perseguire e mantenere il benessere psico-fisico.
Dott.sa Ilaria Ricciuti - Psicologa
La prostata è un organo della forma e consistenza di una castagna la cui funzione principale è la produzione di un liquido denso, lattiginoso, che costituisce circa un quarto della eiaculazione e fornisce il veicolo e il nutrimento agli spermatozoi permettendone la motilità e la sopravvivenza negli organi sessuali femminili e quindi la capacità di fecondare l'ovulo.
Il maschio quasi non si rende conto di avere la prostata fino ai 50-55 anni. A quell'età, infatti, avvengono alcune minime variazioni ormonali che spesso ne determinano un aumento di volume fino a che non preme sull'uretra causando seri problemi urinari. A seconda dell'origine possiamo avere la cosiddetta "ipertrofia prostatica benigna" (adenoma prostatico), nella quasi totalità dei casi, oppure forme degenerative la più grave delle quali è il carcinoma della prostata.
Il primo sintomo è uno stimolo impellente di urinare con la sensazione di non riuscire a svuotare completamente la vescica. In seguito, con il successivo aumento delle dimensioni della prostata si arriva addirittura all'impossibilità di urinare che viene risolta con l'uso di un catetere. L'intervento chirurgico, oggi sempre meno invasivo e sempre più rispettoso della conservazione delle funzioni, è a quel punto l'unica soluzione. Prima di arrivare a questi estremi si possono mettere però in atto alcune strategie: riducendo, per esempio, l'assunzione di alcolici e di altri alimenti irritanti, bevendo molta acqua (possibilmente oligominerale) in modo da avere urine meno cariche e di mantenere il tono muscolare della vescica impedendo la formazione di calcoli vescicali e le frequenti infezioni urinarie dovute al ristagno dell'urina.
La farmacologia mette a disposizione del medico farmaci efficaci e sicuri i più attivi dei quali sono di origine vegetale (la Serenoa repens, ilPygeum africanum) o sintetica (la finasteride).
La Farmacia Ricciuti mette a disposizione dei propri clienti un semplice test autodiagnostico per la determinazione del PSA (Antigene Prostatico Specifico) che rappresenta un segnale importante per una diagnosi precoce offrendo al medico curante, ove lo ritenga necessario, lo spunto per far eseguire ulteriori indagini più approfondite.
L'esame, che ha un'elevata affidabilità (oltre il 95%), viene eseguito in pochi minuti partendo da una goccia di sangue capillare prelevato da un dito. Prima di eseguire il test è opportuno prendere contatto con il farmacista per avere indicazioni su quali comportamenti possano alterare il test. Per esempio: l'assunzione di farmaci, l'attività sessuale nelle 24 ore precedenti, manovre di esplorazione prostatica, ecc.
Questo nuovo, importante, servizio rientra nella politica di prevenzione che la Farmacia Ricciuti ha sempre perseguito e si affianca agli altri test autodiagnostici già attivi: auto-analisi del sangue e dell'urina, capacità respiratoria, indicazione della potabilità dell'acqua, ecc.
Dott. Franco Ricciuti
Nella prevenzione e trattamento delle patologie invernali delle prime vie aeree, la propoli occupa un posto di assoluto rilievo. La sua efficacia e disponibilità in molteplici formulazioni offre una possibilità di intervento estremamente ampia sia nel bambino che nell’adulto.
Nella prevenzione e trattamento delle patologie invernali delle prime vie aeree, la propoli occupa un posto di assoluto rilievo. La sua efficacia e disponibilità in molteplici formulazioni offre una possibilità di intervento estremamente ampia sia nel bambino che nell’adulto.
Pur essendo molto utilizzata in fitoterapia, da sola o in associazione, la propoli non è un derivato di una pianta medicinale, ma è un prodotto naturale realizzato da api specializzate per difendere l’alveare da infezioni esterne e funghi.
La sua composizione è estremamente variabile ed è influenzata dalle piante presenti nella zona (es. pioppi, betulle pini etc) oltre che dalla razza delle api e dal clima. Una percentuale importante è rappresentata da resine e balsami. La frazione cerosa, importante e ricca di principi attivi, raggiunge il 30%. Presenta un sapore particolarmente sgradevole per cui, negli ultimi anni, la tecnologia ha elaborato metodiche estrattive per allontanare la cera e lasciare nella preparazione i principi attivi in essa contenuti. Oggi disponiamo di numerose formulazioni di propoli decerata estremamente efficaci e di sapore gradevole, grazie al ricorso ad agenti correttivi del sapore.
Nota sin dall’antichità come antibiotico naturale presenta attività antibatterica, antivirale ed antiflogistica che ne consentono l’uso anche in preparazioni dermatologiche, ginecologiche etc.
La propoli è disponibile in quasi tutte le forme farmaceutiche: pastiglie, sciroppi, collutori, tinture, spray, creme, ovuli etc. Un elemento importante è rappresentato dal titolo (contenuto) in galangina che è quasi sempre dichiarato dal produttore sulle confezioni. La galangina è uno dei principi attivi (della categoria dei flavonoidi) più importanti della miscela ed è ritenuto indice della sua attività.
Da sola o in associazione la propoli si impone per la sua efficacia e buona tollerabilità (usare con precauzione negli allergici al polline e/o al veleno di api oltre che nei bambini di età inferiore ai 3 anni) che sono alla base del suo successo anche in pediatria, in cui sono naturalmente sconsigliate le preparazioni contenenti alcool. Il farmacista esperto in fitoterapia saprà consigliare la formulazione ed il dosaggio più adatti nel contesto del trattamento eventualmente prescritto dal medico.
I componenti principali della propoli sono:
-flavonoidi, tra cui si possono identificare circa 27 principi attivi differenti (galangina che eprime il titolo della propoli e varia da 1,5 a 1,8 mg/ml, crisina,apigenina, ecc.)
-acidi fenolici e loro esteri, tra cui derivati dell’acido benzoico come acido salicilico, acido gentisico ecc. e derivati dell’acido cinnamico come acido ferulico, cumarico
-polifenoli e composti fenolici
-alcoli, tra cui alcool benzilico, cinnamilico
-aldeidi aromatiche, come la vanillina e isovanillina
-terpeni, come oli essenziali in percentuale variabile tra 0,5 e 1,2% (responsabili dell’attività antibatterica, soprattutto verso gram+)
-cumarine, soprattutto idrossicumarine come esculetina e scopoletina
-zuccheri e vitamine
Forme farmaceutiche e posologia abituale
La propoli è in commercio nelle tradizionali forme farmaceutiche –con eccezione delle fiale-tutte egualmente efficaci:
-estratto idroalcolico (Tintura e Tintura Madre) con posologia da 10 a 50 gtt 2-3 volte al dì in base all’età (sconsigliato nei bambini per il contenuto alcolico).
-estratto secco, 1-2 cps 2-3 volte al dì pari ad un contenuto complessivo di 1-1.5 grammi al dì
-polvere in tavolette, 2-3 tavolette al dì
-estratto glicolico, 10-50 gtt 2-3 volte al dì
-spray orali e nasali, 2-3 spruzzi al dì
-collutori, creme, unguenti, ovuli e lozioni.
Vincenzo Manetta
La depressione post-partum è una particolare forma di depressione che può colpire le donne a partire dal 3° o 4° giorno dopo il parto. Può avere una durata variabile da pochi giorni ad un anno.
La depressione post-partum è una particolare forma di depressione che può colpire le donne a partire dal 3° o 4° giorno dopo il parto. Può avere una durata variabile da pochi giorni ad un anno. Non riguarda solo le primipare ma anche donne che hanno avuto già altri figli. La maggior parte delle donne, nei giorni immediatamente successivi al parto, manifestano sintomi leggeri di depressione, che rientrano nel fenomeno chiamato “baby blues”, con riferimento allo stato di malinconia (“blues”) che caratterizza il fenomeno. Si tratta quindi di una reazione piuttosto comune i cui sintomi includono delle crisi di pianto senza motivi apparenti, irritabilità, inquietudine e ansia. Questo stato di malinconia per la perdita del figlio dentro di se, e quindi dello stato di unità madre-bambino, normalmente sparisce dopo pochi giorni, mentre nel caso della depressione post-partum perdura. I sintomi della depressione post-partum comprendono: indolenza, stanchezza, esaurimento, disperazione, inappetenza, insonnia o sonno eccessivo, confusione, pianto inconsulto, disinteresse per il bambino e cure inappropriate per il bambino, paura di far male al bambino o a se stessa, instabilità dell’umore. Ci sono molti fattori che concorrono alla comparsa della “depressione post-partum”, tra questi il timore per le sue imminenti responsabilità, il lutto per la perdita dello stato di simbiosi con il bambino, il conseguente senso di vuoto, i cambiamenti fisici, il sentirsi ed essere molto spesso sola nell’affrontare il suo nuovo stato di madre. La sintomatologia della depressione post-partum si può manifestare in forma lieve e scomparire nel giro di pochi giorni, ma nei casi in cui dovesse perdurare richiede l’intervento di uno specialista, soprattutto se nella sua forma più grave, definita “psicosi post-partum”.
Come prevenire la depressione post-partum
È possibile prevenire o attenuare le manifestazioni della depressione post-partum agendo soprattutto a livello psicologico, sia sulla madre che sulle persone che le stanno accanto. Per quanto riguarda la madre può essere molto utile, ad esempio, limitare i visitatori nei giorni del rientro a casa dopo il parto, dormire nelle stesse ore in cui dorme il neonato, seguire una dieta adeguata che eviti eccessi e l’assunzione di eccitanti come alcool e caffè, chiedere aiuto quando se ne sente il bisogno, mantenere i contatti con amici e familiari, rafforzare il rapporto con il partner e soprattutto cercare di mantenere un atteggiamento realistico nei confronti di se stessi, del bambino e la piena consapevolezza di una situazione che avrà degli alti e dei bassi ma che esaurirà le sue manifestazioni negative nell’arco di pochi giorni. Da parte del partner o comunque dei familiari può essere utile offrire aiuto nei lavori domestici, nell’alleviare gli impegni della neomamma, nel mostrare disponibilità ad ascoltare e ad offrire sostegno, ma solo se questo non incontra resistenze.
Come curare la depressione post-partum
Se necessario, la depressione post-partum può essere affrontata, in modo differente a seconda del tipo e della gravità dei sintomi. Le cure possono consistere nell’assunzione di ansiolitici e antidepressivi (sotto controllo medico e sospendendo l’eventuale allattamento), nella psicoterapia e nella partecipazione a terapie di gruppo con donne che manifestano la stessa sintomatologia.
Quando chiedere aiuto
Se i sintomi sono di un’entità allarmante o comunque persistono nella durata oltre due settimane, se si ha la sensazione di poter fare del male a se stesse o al proprio bambino e se i sintomi di ansietà, paura e panico si manifestano con grande frequenza nell’arco della giornata. La madre non deve avere vergogna di non essere perfetta e di chiedere l’aiuto che può sostenerla. Una buona madre sa riconoscere i suoi limiti…
Dott.ssa Ilaria Ricciuti
Psicologa
L’anoressia mentale è tra i fenomeni psicopatologici contemporanei uno dei più inquietanti e di quelli che suscitano maggiore interesse da parte della stampa, della televisione e maggiori preoccupazioni e allarme da parte delle famiglie.
L’anoressia mentale è tra i fenomeni psicopatologici contemporanei uno dei più inquietanti e di quelli che suscitano maggiore interesse da parte della stampa, della televisione e maggiori preoccupazioni e allarme da parte delle famiglie. Inquietante ed incomprensibile perché appare innaturale che si smetta di mangiare e si reprima quello che è un bisogno ed un istinto primario degli esseri viventi per avviarsi, in alcuni casi, a morire apparentemente senza motivo. L’anoressia mentale, è bene eliminare qualsiasi equivoco cui facilmente si va incontro a causa della sua appartenenza alla categoria dei “disturbi alimentari”, è un disturbo mentale” grave che spesso evolve in esito letale e che, comunque produce una serie di manifestazioni fisiologiche che compromettono seriamente la salute dell’organismo.
L’anoressia mentale è sempre esistita ed è stata oggetto di studio già dalla fine del 1600. Di anoressia soffrirono molte sante e alcuni personaggi femminili passati alla storia Solo alla fine dell’800 però fu definita come malattia di origine psichica. Attualmente l’anoressia mentale cresce in modo preoccupante (quasi esponenziale) e coinvolge nuove classi di età e nuovi soggetti: bambini, donne adulte e mature, ed infine anche maschi. E’ un fenomeno che si presenta solo nei paesi occidentali ed in quelli occidentalizzati (molti casi di anoressia sono presenti in Giappone ed iniziano a manifestarsi anche in Cina) “Quali le cause?” Per quanto l’anoressia mentale sia un fenomeno molto studiato, e da più punti di vista, non vi è ancora una teoria sistematica sulla sua origine. La ricerca psicologica, cui corrispondono modalità di intervento psicoterapeutico che hanno mostrato la loro efficacia, appunta il suo interesse sulle caratteristiche delle relazioni primarie: l’anoressica ha, generalmente, una madre esigente, protettiva ma poco empatica e rispondente ai reali bisogni della figlia la quale si adatta alle richieste della madre. Solo nell’adolescenza, attraverso il rifiuto del cibo, la figlia si ribella alla madre e al copione di vita che le è stato imposto nel tentativo di rendersi autonoma e di trovare la propria identità. Vengono studiate anche le caratteristiche della famiglia. Questa è caratterizzata da iperprotettività, evitamento del conflitto e coinvolgimento della figlia nei problemi della coppia. La malattia della figlia è la messa a terra delle inadeguatezze del funzionamento familiare. Ma una linea di ricerca attuale molto interessante è quella che studia la relazione originaria madre-bimbo e le varie fasi del processo alimentare che vanno dall’allattamento, allo svezzamento al mangiare da solo. Avvengono molte cose (negative o positive) in tale processo non sempre osservabili e d evidenti. Dell’anoressia sono state date anche spiegazioni di tipo biologico. E’ stata riscontrata nell’anoressica un’alterata modalità di interazione dei sistemi neurotrasmettitori. Si è anche supposta un’alterazione del “set-point”, una sorta di meccanismo omeostatico che regola il peso corporeo, situato nell’ipotalamo. Ma il ripristino di una adeguata alimentazione e il recupero di peso correggono le alterazioni biochimiche, il che dimostra che gli scompensi biochimici sono la conseguenza piuttosto che la causa della anoressia. Comunemente si pensa spesso che la causa dell’anoressia vada individuata nei modelli estetici contemporanei che sottolineano la magrezza e la perfezione del corpo. Ma per quanto tali modelli siano pericolosi non possono essere considerati i diretti responsabili. Essi, piuttosto, inducono i modi e i canali attraverso i quali si manifestano le difficoltà di crescita psicologica dell’adolescente (ogni epoca ha il suo linguaggio), i problemi relativi all’identità, i problemi relazionali con la famiglia e con gli altri. Ad evitare inutili allarmismi va precisato che non tutte le forme di anoressia sono “anoressia mentale”. Esistono forme di anoressia che sono una reazione ad eventi stressanti della vita e che scompaiono una volta superata la situazione e forme dovute ad impedimenti funzionali dell’alimentazione di cui la persona è consapevole e a cui cerca di mettere riparo. Infine esistono forme di anoressia che compaiono tra i sintomi di quadri psicotici e di altri disturbi neurotici.
Come si riconosce l’anoressia?
Esistono caratteristiche specifiche che sono state definite dalla comunità scientifica internazionale:
?l’anoressica riduce volontariamente l’assunzione di cibo (ha fame ma la controlla.)
?è indifferente al proprio stato di deperimento (si identifica con il suo aspetto scheletrico.)
?è iperattiva
?presenta una diminuzione dipeso al di sotto dell’85% del peso minimo normale.
?da almeno tre mesi è priva di ciclo mestruale.
Come si cura l’anoressia?
Gli psicofarmaci sono scarsamente efficaci.
-E’ efficace la psicoterapia che deve coinvolgere, nel caso si tratti di adolescente, sia il soggetto sofferente di anoressia in forma di psicoterapia individuale, sia la famiglia in forma di psicoterapia familiare
- Nei casi più gravi in cui è a rischio la sopravvivenza per la forma di deperimento estremo, è necessario il ricovero in centri specializzati in cui si ricorre anche alla alimentazione forzata e si applica un intervento integrato che prevede la presenza di varie figure professionali (psicoterapeuta, dietologo, ecc.)
Che cosa fare e che cosa evitare in caso di sospetta anoressia
- Evitare di parlare di alimentazione o comunque forzare il soggetto che soffre di anoressia ad alimentarsi: è del tutto controproducente!(E’ una prescrizione difficile da osservarsi da parte dei genitori e di chi ha un ruolo educativo)
- Non andare dal dietologo: non serve ed è inutile!
- Rivolgersi immediatamente (più si è tempestivi più facile è la guarigione) ad un centro specializzato che possa garantire la presa in carico sia della paziente che della famiglia da un punto di vista psicoterapeutico o, nei casi più gravi, accanto alla psicoterapia possano offrire gli altri servizi necessari.
Dott.ssa Maria Felice Pacitto
Psicologa e Psicoterapeuta
Questa è una lamentela comune a molti genitori i quali si trovano in difficoltà, la sera, a mettere a letto i bambini ad un’ora ragionevole e fisiologica per loro... Bambini che dormono poco e male, durante il giorno sono irritabili e di cattivo umore, poco socievoli, distratti.
Questa è una lamentela comune a molti genitori i quali si trovano in difficoltà, la sera, a mettere a letto i bambini ad un’ora ragionevole e fisiologica per loro... Bambini che dormono poco e male, durante il giorno sono irritabili e di cattivo umore, poco socievoli, distratti. Genitori di bambini che dormono poco sono, a loro volta, stanchi, irritabili, si trascinano per tutta la giornata e, in più, si sentono impotenti. Ma prima di andare oltre è necessario specificare in che cosa consiste il sonno ed il ritmo del sonno. Questo fa parte del ritmo biologico delle persone ed anche degli animali. Il ritmo biologico è la ripetizione sistematica di una attività del nostro organismo come appunto il ritmo sonno-veglia. Nel neonato tale ritmo è di circa 3 o 4 ore. Ogni 3-4 ore, infatti, il bambino si sveglia, mangia, viene pulito, intrattenuto in qualche modo e torna a dormire (Nell’adulto il ritmo è circadiano: ogni 24 ore si ripete l’alternanza di sonno e veglia). Con la crescita il ritmo cambia. A sei mesi si raggiungono le 12 ore notturne con altre due fasi di sonno ( di circa tre ore) nella mattinata e nel pomeriggio. Il cambiamento del ritmo avviene attraverso una sorta di orologio interno (sono coinvolte alcune strutture nervose) che serve ad adattare progressivamente i bisogni delle persone al loro ritmo biologico. Questo “orologio naturale” viene attivato nel neonato da alcuni semplici stimoli o segnali esterni: essere cullato, essere messo nella culla e al buio, in una condizione di silenzio, ecc. Non sempre tale cambiamento si verifica come se “l’orologio naturale” presentasse qualche difficoltà e questo a causa semplicemente di fattori ambientali. Nel neonato o nel bambino di alcuni mesi o di qualche anno di età accade perché i segnali, di cui si parlava più su, non vengono utilizzati con regolarità. Magari viene permesso ai bambini di andare a letto più tardi per i più svariati motivi ed in questo modo si perdono le buone abitudini. Si dimentica spesso che i bambini hanno bisogno di stabilità, regolarità, coerenza. Ma tra i fattori ambientali vanno anche segnalati il clima affettivo instaurato all’interno della famiglia e le caratteristiche di personalità dei genitori. E’ difficile che un bambino che vive in un clima di conflittualità e litigiosità dei genitori possa dormire sonni tranquilli!
I disturbi del sonno non possono essere considerati una malattia. Nella maggior parte dei casi, si tratta semplicemente di rinforzare “l’orologio biologico naturale”. Infatti, come molti altri comportamenti umani il dormire, oltre che un bisogno, è un’abitudine e come tale può essere insegnata ed essere appresa. Sicuramente, come ogni altro comportamento che viene insegnato ai bambini, insegnare a dormire non è semplice: occorrono regolarità, impegno, tempo, requisiti difficili da rispettare, oggi, data la freneticità della vita. Comunque prima si comincia meglio è. Infatti, il bambino che non riesce a regolarizzare il suo ritmo biologico, durante la crescita, soffrirà di “insonnia infantile”. Presenterà: difficoltà nel prendere sonno, risvegli ripetuti durante la notte, sonno leggero, durata del sonno inferiore a quella normale.
Che cosa fare dunque? Partendo dal fatto che il sistema nervoso del bambino facilita il sonno tra le 19 e le 20 d’inverno, e le 20 e le 21 d’estate:
- Stabilire l’orario dell’andare a letto la sera, orario che deve essere sempre rispettato.
- Dare al bambino un peluche o il ciuccio al momento di prendere sonno che segnali che quello è il momento di dormire;
- Se il bimbo usa il ciuccio c’è bisogno che sul cuscino ve ne sia più di uno perché durante il sonno potrebbe sfuggirgli di bocca;
- Può essere usato qualsiasi altro segnale esterno che possa indicare che quello è il momento di dormire: raccontare una favola, ad esempio, ma per un tempo che non vada oltre i 15-20 minuti.
Finito di cenare si procede alle pratiche igieniche e ci si può intrattenere ancora per un brevissimo tempo, 10-15 minuti, necessari agli scambi affettivi. Poi si dorme e basta.
Assolutamente vietato:
-giocare
-vedere la televisione
-ricorrere a tutti quegli espedienti che vengono generalmente usati dai genitori e che creerebbero altre abitudini, quali metterlo nel lettone, fargli fare un giro in macchina, tenerlo in braccio, ecc.
Se nell’accompagnare il bambino a letto ci sono pianti o lamentele i genitori non dovranno perdere la calma né andare in ansia, ma usando un tono tranquillo spiegheranno brevissimamente al bambino che dormirà da solo e che loro gli stanno insegnando a dormire da solo. Se il bambino dovesse svegliarsi durante la notte e piangere i genitori entreranno nella sua camera per tranquillizzarlo e ripeteranno le medesime frasi, faranno una carezza ma senza prenderlo in braccio. Ma dopo alcuni minuti dovranno uscire. La stessa cosa si può ripetere più di una volta durante la notte. L’importante e mantenere la calma, parlare con tranquillità, trasmettere amore e sicurezza. Il bambino se percepisce i genitori stabili, calmi e sicuri diventerà egli stesso sicuro e sarà facilitato nell’apprendimento.
Un’ultima cosa: una ricerca in ambito della psicologia dell’età evolutiva, ha riscontrato che i bambini che trascorrono buona parte della loro giornata affidati ad asili-nido o alla scuola dell’infanzia, tendono, la sera, a far tardi quasi avessero bisogno di recuperare un po’ di presenza materna e paterna! Se volete che i vostri figli vadano a letto presto e dormano sonni tranquilli non dimenticate mai di dedicare loro, regolarmente, un po’ del vostro tempo, magari prima di cena. Buon lavoro!
A cura del Servizio di Psicologia e Psicoterapia dell’Età Evolutiva del
“Centro di Psicologia Umanistico-Transpersonal ed Analisi Fenomenologico-Esistenziale
Non passa giorno in cui non leggiamo sul giornale di qualche caso di abuso contro i bambini. Il primo pensiero che ci assale è che la violenza nei confronti dei minori sia un fenomeno del tutto nuovo o tutt'al più che sia in aumento.
In realtà le molestie e le violenze sui bambini sono sempre accaduti, ma prima non c'era la cultura della denuncia bnesì quella dell'omertà. Siamo abituati a pensare che l'abusante, l'orco, si nasconda nei giardinetti sotto casa, ma molto spesso non è così, l'orco è in casa... Può trattarsi di un padre, di un nonno, di uno zio, come nel caso di Sara, ma quasi sempre è una persona molto vicina al minore. Ci sono varie forme di abuso, può trattarsi di violenza fisica, violenza sessuale, fornitura di cure inadeguate, ci sono moltissime forme di maltrattamento, l'unica cosa costante è l'oggetto che lo subisce: il bambino. In molti casi la violenza non vuole essere vista, riconosciuta perché chiamarla per nome sarebbe una cosa intollerabile per la propria coscienza, ma così facendo si opera un'ulteriore violenza sul bambino, che non viene accolto e difeso da chi può farlo. L'unica cosa che si può fare è la prevenzione, che può essere attuata tramite la cosa più naturale e spontanea per una madre, l'attenzione al proprio figlio/a, un bambino che subisce abuso cambia, cambia in quasi tutti i suoi comportamenti, diventa taciturno, inappetente, si isola, può essere aggressivo, una madre attenta può farci caso e intervenire spesso prima che le cose peggiorino ulteriormente. Il mio è un invito ai genitori a stare attenti al loro bene più prezioso, il loro bambino.
Dott.ssa Ilaria Ricciuti
Psicologa
Via Secondino Pagano, 20
03043 Cassino (FR)
Turno "a CHIAMATA" SOLO con ricetta dichiarata urgente dal medico, oppure palesemente urgenti
Sulla chiamata sarà applicato il diritto addizionale
€ 7,50 DURANTE LA NOTTE